Strumenti flessibili o flessibilità nell’uso degli strumenti?

“Gli “innovatori”, i manager, sono pronti ad intraprendere un’avventura così sfidante?”

Concludevo così un mio articolo e da qua  riprendo una riflessione sulla discontinuità nel mondo del lavoro e l’incidenza della flessibilità  nel necessario cambio di passo, che produce la cesura nel modo di concepire l’organizzazione gerarchica.

Durante la strutturazione di una giornata formativa, ho cercato un’immagine in internet che desse il senso del concetto di rapporti di contratti di lavoro flessibili e non vi dico la quantità di immagini che sono uscite fuori.

Una però mi ha incuriosito: un enorme 

Iniziando la giornata formativa, ho chiesto ai partecipanti di aggregarsi in gruppi di 3-4 persone e provare a sintetizzare il concetto di flessibilità e la declinazione della stessa nel mondo del lavoro.

Con varie sfaccettature, il risultato unanime è stato perentorio:

  • FLESSIBILTA’, capacità di adattarsi e predisporsi alle modificazioni del contesto permettendo di essere adeguati alle innovazioni e al cambiamento.

  • FLESSIBILITA’ NEL CONTRATTO DI LAVORO, precarietà, liberalizzazione di vincoli normativi come risposta alla crisi economica e che permetto una migliore gestione della forza lavoro e relativi costi .

Come può una caratteristica alla quale viene data una palese accezione positiva avere di contro una considerazione negativa nell’applicazione nel mondo del lavoro?

Eppure la riflessione, certo non valida dal punto di vista statistico, è stata sviluppata da addetti del settore e non da ex dipendenti fuoriusciti dal mondo del lavoro!!!!

Dobbiamo imparare a utilizzare al meglio strumenti flessibili oppure dovremmo migliorare la nostra flessibilità nell’utilizzo degli strumenti gestionali?

In particolare, noi operatori dell’ambito delle risorse umane, chiamati ad applicare anche strumenti normativi/contrattuali, dobbiamo comunque essere promotori del cambio di passo culturale verso una nuova visione del lavoro subordinato, un sistema che trae la sua efficacia dalla cultura del lavoro stessa.

Modificare pertanto la cultura passa anche da un diverso esercizio del potere direttivo che dovrà essere inteso come forma per educare all’interdipendenza, la capacità di instaurare reti di relazioni adeguate al mutare dei problemi, dei contesti e delle situazioni.

Dovremmo lavorare non tanto sulla motivazione che potrebbe essere difficile da esplicare per far uscire noi stessi e gli altri dalla rispettive confort zone, ma piuttosto esercitarci per raggiungere una piena consapevolezza, mindfulness.

Avere consapevolezza del nostro saper essere ci permette di affrontare quei momenti, frazioni di secondo di indecisione, in cui, secondo quanto la neuroscienza ci rappresenta, il cervello decide di proteggerci per spirito di conservazione e non ci permette di cogliere l’attimo.

La flessibilità è dentro di noi, usiamola consapevolmente

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Amo relazionarmi, amo gli sport di squadra (in particolar modo, il basket) ed amo le sfide. Sono curioso, ma non ficcanaso, e ciò mi porta a conoscere ed imparare cose nuove, ogni giorno. Recentemente, la curiosità di comprendere gli sviluppi dell’’attuale contesto giuslavoristico, mi ha portato ad ottenere la Laurea in Servizi Giuridici per l’Impresa, facoltà di Giurisprudenza. Questo sono io, dopo poco meno di mezzo secolo di vita, dopo l’essere padre, da circa quindici anni, di una splendida figlia e dopo una ventina di anni di esperienza in diverse direzioni risorse umane. Attualmente, oltre al Coordinamento delle attività Normative del personale, nella Direzione Risorse Umane di Atac SpA, ho il piacere di collaborare con il Centro Studi di AIDP con il quale cerco di sviluppare argomenti di attualità. In particolare, ho sviluppato interesse per il tema del “dialogo” inteso come ponte per mettere in relazioni le diversità, con l’obiettivo di trasformarle in risorse, alleanze, sinergie e ove non fosse possibile, di coesistere con esse. Dialogo, nel senso, soprattutto, di saper ascoltare e a tal proposito mi piace ricordare una frase, tratta da un libro di Don Andrea Gallo :“L’importante è tendere l’orecchio oltre le ristrette mura della nostra angusta cerchia dei soliti noti. Dal DIALOGO con i laici, con gli atei, con gli agnostici, con i credenti di altre religioni non possono che nascere curiosità, rispetto tolleranza e amicizia.” Per il futuro? E’ questo lo spirito con cui mi impegno ad approcciare in ogni azione che mi trovo e mi troverò a compiere.

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