Ci sono ancora le “Cose da maschi”?

Quando si può imparare ad essere donne coraggiose?

Si impara da piccole!

Lo studio della Fondazione Bet She Can si basa sull’idea che il momento arrivi tra gli 8 e i 12 anni. La Fondazione creata da donne –  tra cui importanti manager di azienda  – punta a creare iniziative per le bambine che realizzino l’empowerment femminile (strana parola da pensare su così giovani leve!?!). Terreno questo tutto da scoprire e le loro attività vanno dalla consapevolezza del corpo all’avvicinamento al lavoro su settori considerati tradizionalmente roccaforti maschili, come motori e programmazione.

La scelta di azione della Fondazione vuole essere un investimento sul futuro: creare una situazione sana che non possa così diventare un problema da risolvere! A 8 anni le bambine sanno già leggere e scrivere e nello stesso tempo non hanno ancora immagazzinato i messaggi che ricevono dalla famiglia, dai media, dalla società. Questo momento è il migliore per poter lavorare con loro. Secondo una ricerca della Canadian Women’s Foundation il 36% delle bambine, in prima media, hanno fiducia in se stesse. Al liceo la percentuale crolla al 14%. Con l’adolescenza arrivano i primi disagi e si assorbe un’idea di maschile e femminile che le penalizza.

Con il progetto “Ragazze in Pista” la Fondazione Bet She Can fa qualcosa che trovo straordinario! Portano le bambine in un’officina a collaborare fattivamente al restauro di un’auto d’epoca. Per loro è un gioco bellissimo ma quando qualcuno negli anni futuri dirà loro che la meccanica delle macchine è una “cosa da maschi” potranno dire: “Non è vero, io so farlo!” Si danno strumenti concreti per mettere in discussione e abbattere i pregiudizi.

Passa un messaggio importante di crescita: che esiste una competizione positiva, che fa crescere e migliora, e una negativa, che distrugge e nega i rapporti umani.

Il lavoro di queste bambine, fatto in team, insegna loro che non c’è niente di male a chiedere aiuto e le “attrezzerà” per tutti i momenti difficili della vita.

Queste bambine saranno ambasciatrici del cambiamento possibile già in atto. E sapranno innescare reazioni a catena intorno a loro!

Trovo questa iniziativa molto concreta e, a dire la verità, un po’, nel leggerne, ho provato una sana invidia! Io purtroppo ne so davvero poco di motori e se ripenso al mio retaggio familiare (in famiglia siamo due figli: io e mio fratello più grande) le macchine sono sempre state a esclusiva gestione degli uomini di famiglia e addirittura mio padre mi aspettava la sera al rientro in piedi per assicurarsi che la macchina tornasse intera e fosse ben parcheggiata (…18/20 anni circa)! Padre eccessivamente ansioso a parte, crescendo le cose sono cambiate e ho col tempo conquistato la mia conoscenza e gestione del mezzo. Però in effetti è stato faticoso.

Da donna lavoratrice – e in particolar modo dell’area Risorse Umane – ho fatto esperienza di situazioni aziendali dove le donne trovavano maggior difficoltà ad essere valutate dal Management come “possibili e passabili” candidate: motivi culturali, di onerosità fisica della mansione, della logistica dell’attività lavorativa… Tutte in effetti forme di pregiudizio in entrata. Ma a dire il vero, se dovessimo essere sincere: quanti di questi pregiudizi non si radicano perché nascono già dalla famiglia e non ce ne accorgiamo?

Il Progetto “Ragazze in pista” è un’ottima partenza – innovativa direi – e spero che ne seguiranno altri simili capaci di “anticipare e quindi non far creare forme di pregiudizio”.

Io intanto cerco di “attrezzarmi un po’ di più” in meccanica!

 

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Il giorno successivo alla mia laurea in giurisprudenza sapevo già che lavoro avrei “dovuto” fare: lavorare con e per le “Persone”. Lo sentivo forte e chiaro! Le specializzazioni dei master, la prima esperienza nell’area HR di una grande azienda, il lancio nel nuovo mondo dell’interinale…. Un percorso che si è disegnato giorno dopo giorno! La scoperta del valore della Diversità’ per le organizzazioni e dell’entusiasmo nel crescergli accanto; ma soprattutto seguire i percorsi di crescita delle persone che incontro ogni giorno. Tutto questo mi ha formato verso una professionalità aperta, pronta al confronto e costruttrice di reti di interessi. Perché la donna e la professionista che sono oggi e che sarò domani e frutto anche di tutti gli incontri avuti e che avrò: nella mia storia c’è un grazie ad ognuno di loro!

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